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Buone staycations a tutti di Marco Moro
Fare bene la raccolta dell’organico conviene, a noi e al pianeta di Diego Tavazzi
Contro caldo e zanzare di Paola Fraschini
Vivere secondo l’impronta di Arianna Campanile
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Vivere secondo l’impronta
di Arianna Campanile

In questo articolo parliamo di:

Impronta ecologica
Usare la biocapacità del pianeta senza distruggerla

Mathis Wackernagel, Bert Beyers

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Durante il suo lavoro come architetto per un’impresa di progettazione di edifici a basso consumo energetico, Bill Dunster si occupò spesso della costruzione di spazi per uffici. “Un giorno mi resi conto che questi lavori non avevano assolutamente senso, almeno fino a quando questi edifici per uffici erano circondati da enormi parcheggi e non tenevano conto dell’energia necessaria per trasportare le persone che vi lavoravano all’interno e che serviva per farli funzionare. Semplicemente, non ci stavamo facendo le domande giuste” (da Impronta ecologica). Alla ricerca di un modo per tenere conto dell’impatto ecologico di tutte le attività delle persone, Dunster diede vita al progetto BedZed, un piccolo quartiere a sud di Londra che integra spazi abitativi e di lavoro, in cui ogni aspetto della costruzione è stato considerato in termini di impatto ambientale, offrendo la possibilità di condurre uno stile di vita completamente carbon neutral. Portato a termine nel 2002, BedZed è stato il primo insediamento abitativo costruito seguendo i principi di “One Planet Living” – vivere all’interno dei limiti ecologici e biofisici dei sistemi naturali del pianeta – promossi dal Wwf. Negli ultimi anni, numerosi investimenti sono stati mirati a creare insediamenti a zero emissioni di carbonio, zero sprechi, con sistemi di trasporti locali e utilizzo di materiali sostenibili in Europa e in Medio Oriente, in Australia e in Sud Africa.

Secondo gli ultimi calcoli, nel 2019 l’umanità ha consumato le risorse naturali del pianeta come se avesse avuto a disposizione 1,75 Terre, non consentendo agli ecosistemi di rigenerarsi. Responsabili di gran parte dei consumi e delle emissioni di CO2 sono proprio le città, in cui risiede la maggior parte della popolazione, e la cui adeguata progettazione potrebbe mutare le sorti della civiltà umana, evitandoci brutte sorprese in futuro. Nella nuova edizione di Impronta ecologica, Mathis Wackernagel, presidente del Global Footprint Network, presenta lo strumento di misurazione con cui dovremmo orientare tutti i nostri investimenti. Nata negli anni ’90 e continuamente aggiornata, l’impronta ecologica è il metodo di contabilità che quantifica la domanda di risorse naturali rispetto alla biocapacità, il potere della natura di rigenerarsi e ricostituire ciò che viene prelevato. L’Impronta può misurare i consumi di risorse naturali necessari per far funzionare città e interi paesi e indica, per esempio, che la vita in una città dell’area mediterranea è molto meno dispendiosa in termini di risorse rispetto a quella di chi abita a Los Angeles. Nel libro, sono analizzati inoltre i diversi ambiti in cui questo strumento di misurazione può essere applicato: quante risorse richiede una nazione? Quante risorse vengono consumate per concedersi un pasto in un buon ristorante? E per un nuovo capo di abbigliamento? Quanto costa al pianeta la vacanza alle Maldive dei nostri sogni? Attraverso il confronto della domanda di risorse relativa ai nostri consumi con il “budget” naturale che abbiamo a disposizione, Impronta ecologica può guidarci verso le soluzioni per uno stile di vita ecocompatibile, e spingerci a trasformare in senso rigenerativo i nostri modelli di business.